Chiacchiere in Piazza – Terza edizione

Di seguito trovate il testo dello spettacolo teatrale Chiacchiere in Piazza organizzato in occasione della giornata dell’emigrante, dedicata a tutti quei laurentini lontani dalle sponde natie ma che ricordano con nostalgia la propria terra.

CHIACCHIERE IN PIAZZA

San Lorenzello tra storia e leggenda Festival della poesia, canzone e tradizioni laurentine dedicato soprattutto alle nuove generazioni: perché non dimentichino

Ultima rappresentazione

SAN LORENZELLO 6 AGOSTO 2004

SCENA PRIMA

CONDUTTORE: C’era una volta un paesino, uno come tanti, ma per certi versi speciale,

CONDUTTRICE 1: Tanto caro agli occhi e al cuore di chi c’era nato, ci viveva, lo amava,

CONDUTTRICE 2: Non solo un luogo del mondo, ma un mondo, se non il mondo:

Tutti—San Lorenzello!

Voce 1:

Per me San Lorenzello è dolce nome

di luoghi aprichi, d’albe e di tramonti

sereni, dove il cuore mio s’acqueta

tra visioni di verde e dove, calma,

trascorrer vorrei l’ultima stagione

nell’idillica pace virgiliana

di quei monti silenti tra stormire

di fronde e vol d’uccelli negli spazi

lontan dal mondo in sì profonda quiete…

e assaporare il senso dell’eterno.

CONDUTTORE: Così San Lorenzello nel canto trasognato dell’indimenticabile poetessa Maria Luisa d’Aquino.

CONDUTTRICE 1: Ma quando è sorto questo borgo così suggestivo e perché alle falde di un monte?

CONDUTTRICE 2: Una favola meravigliosa, ma anche storia, una storia lontana nel tempo, che ci porta al l’anno 864 dopo Cristo, quando i Saraceni, guidati dal feroce emiro Sawdam, imperversano nella Valle Telesina.

CONDUTTORE: Tanti riescono a salvarsi fuggendo verso i monti. Sul nostro Monterbano si rifugia il giovane Filippo Lavorgna con la sua famiglia prendendo dimora nella grotta di Futa.

Ma una sera…

Quadro primo

( Si oscura il palco, poi luce soffusa che illumina i volti di una zingara e di Filippo)             

Una zingara— Bel giovane, porgimi la tua mano, lascia che io legga il tuo destino.

Filippo— Fallo pure!

Zingara— ( la osserva) Che mano bella, interessante. ( Poi con voce profetica) : Vaticinio complicato, brutto, ma poi si schiarisce; non aver paura, sii forte, soffrirai molto, ma poi incontrerai l’amore, una donna bella, che ti darà felicità, forza per fondare un borgo che crescerà nel tempo e diverrà famoso.

Filippo— Le tue parole mi causano angoscia, paura, ma anche speranza. Grazie, zingara, non ti dimenticherò.

( ritorna la scena normale)

CONDUTTRICE1: Il vaticinio si verificò. Tutta la sua famiglia fu distrutta dall’azione venefica dei funghi.

 ———

 Quadro secondo

  (Luci soffuse. Filippo seduto, piange, compare una ragazza).

Filippo—Elodìa, sei tu? Perché sei qui?

Elodia— Filippo, perché ti disperi? Sono qui per starti vicino. Ci siamo incontrati spesso in questi giorni, lascia che io, in questa meravigliosa notte stellata di San Lorenzo, ti aiuti a compiere il tuo grande destino.

Filippo— (alzandosi) Elodia, sì anch’io ti ho seguita da giorni con interesse ( si abbraccianointanto appare una luce, come una stella… la fissano).

Filippo— Ecco la nostra stella, fonderemo per noi e per tanti nostri compagni profughi un borgo, una nuova dimora, la affideremo alla protezione del grande levita e martire di Roma Lorenzo. 

CONDUTTRICE 2 (anche fuori scena, attraverso microfono): Così nacque San Lorenzello per virtù di un mito.

( Ritorna la scena normale)

CONDUTTORE: Nustalgia d’i paes’

CONDUTTRICE 1: canzone dedicata agli emigrati laurentini di ieri e di oggi;

CONDUTTRICE 2: parole di Nicola Vigliotti, musica di Alfonso Guarino

Canto: Sant laurenz mij

CONDUTTORE: San Lorenzello nella poesia di Enrico Maria Fusco

Voce 2:

San Lorenzello mio ti voglio bene

nell’ombra sua t’accoglie Monterbano

ed il Titerno che si snoda al piano

ti culla con sì blande cantilene”

CONDUTTORE: Le poche case di Mura Filippo si moltiplicarono nel tempo, formarono un borgo che sotto la Signoria dei Sanframondo e dei Carafa, si arricchì di artistiche chiese, di un famoso convento di Padri Carmelitani, della Congrega della Sanità.

CONDUTTRICE 1 Ma qual è la nostra più antica chiesa?

CONDUTTRICE 2 Quella che sorgeva in Largo Avantisanti e che crollò col terremoto del 26 luglio 1805

CONDUTTORE: E in questa occasione accadde un miracolo: la Statua di S.Lorenzo, esposta sul tosello, rimase indenne tra tante macerie, con quattro travi che le pendevano sopra. Solo un dito si ruppe.

CONDUTTRICE 1 : Quel dito pagò la penitenza per tutti.

CONDUTTORE: Campana a sera di Rina Arace

Voce 3:

Quando la campana a sera

m’invita alla preghiera

sento il mio cuore

per te palpitare;

muove il mio labbro

un accento pio

per ringraziare il sommo dio

al mondo per me

non c’è paese più bello

di te, S. Lorenzello”

VOCE 4:

Ué! Ma chiss’ era nu’ paese addò s’ priava sulament’?

CONDUTTRICE: Ma no! S’ magnava, s’ b’veva, s’ furgiava sotto ai lampioni a petrolio, che, però, spesso non si accendevano, perché l’addetto Mastr’Agnello si faceva abbindolare dall’amica Za’Margiuseppa, che si faceva fornire troppo spesso di petrolio.

VOCE 4 ( anche fuori scena, attraverso microfono):

E a scura’succ’deun’ i uaij…

Canto: I’ vint’nou giugn

CONDUTTORE: Ma il 24 agosto 1924, i fumiganti lampioni di Mastro Agnello andarono in pensione. Arrivò l’illuminazione elettrica pubblica.In questa occasione il nostro poeta Pietro Paolo Fusco, così cantò lo straordinario evento in vernacolo cerretese:

CONDUTTRICE1: Come è beglie Cerrit agliumàt

cu l’agliettrica ‘mezza a la via,

pare addò aggg fatt i suldate

e cchiù beglie d’Napuglie sarrìa:

CONDUTTORE: ‘nnanze casa, madonna che abbaglie!

Uah! Che abbagl’, fratò pe Gesuele

hann miss nu cuascavaglie

ca fa luce pe cent cannele.

 CONDUTTRICE 2 E pe tutt è gliu stesse splennore

da pe tutt te po’ cunsulà,

dall’addagl’ a gliu cuape da fora

veramente se po’ passià

 CONDUTTORE: I agg’ ditte a muglierma, Carmena,

d’assogiarme all’illuminazione,

e m’ha ditte ca è meglie a cannela

pe paricchie e deverse ragione;

CONDUTTRICE 1: ca, i che saccio, dentra l’ogl s’ammolla

i capigl’ e s’allecca le deta,

e si manca, s’arroste a braciola                   

CONDUTTORE: Patratè! Che ragione so cchesse

de muglierma?, che pozz’ arraggià!

Song n’ome de scienz’ e prugresse,

teng i puezz, e ma ogl’ accattà.

Momenti della vita Laurentina

Mmmez’a chiazza

(sono seduti : Ciccio Lavorgna, Raffaele Ruggieri, Ciccio Saracco e Raffaele Mastracchio)

CONDUTTORE: Centro della vita laurentina fu sempre il piccolo largo detto: Mmeza a chiazza, dove sostavano tipici personaggi locali. Eccone alcuni descritti in versi dal poeta –fanciullo Pietro Paolo Fusco:

CONDUTTRICE 1: il farmacista, detto anche “lo spezziale” (indicandolo).

Voce 5:

Ciccio Lavorgna

Uomo basato

Fuggite quando

Voi lo vedete

Star col cappello

Seduto o in piedi,

non come al solito,

più rialzato.

Allora è segno

Che sta incazzato.

CONDUTTRICE 2: Chi è quell’omone che sta sempre  come una statua al centro della piazza, perennemente con la pipa in bocca?

Voce 6:

Se ben guardate

lo status quo

Raffèle il Massimo

dei sopracciò,

osserverete

nei detti suoi

spesso confondere

il tu col voi.

CONDUTTORE: L’altro, seduto in angolo, è Ciccio, privo della vista di un occhio; ma quel birbante, per avvalorare le sue numerose bugie, spergiura così sull’occhio cieco:

Ciccio—: Pozza perd’ a vista d’ chist’ occhie si dicu a bucìa.

Voce 7:

Ma Ciccio Saracco

Giù di bugie

Scarica a sacco,

e per far credere

ciò che ha narrato

giura sull’occhio

 che tien cecato

CONDUTTRICE 1: Talvolta Ciccio raccontava ai piccoli, e anche ai grandi, favole, i’ cunt’, sparandole grosse.

Ciccio— C’era ‘na vota nu re che t’néva ‘na carrozza cu tricént cavagl’…

Tutti—Ohé, cala, cala…

Ciccio—E va béh, si n’n er’n tricent’, puteun’ iess’duicent!

Tutti— Cala, cala..

Scena libera con alterne battute : Allora cent… cinquanta, trenta ..dieci ecc.

Ciccio.–. Uè. Mo m’avet’ propria scucciat’: E vvà bbon’ er’n tre… un’, iat’ a fa…

CONDUTTRICE 2: Lo vedete quell’altro? E’ un emerito scansafatiche che, per vivere, ricorre a tutte le risorse:

Voce 8:

Rafèl Mastracchio

La gloria antica

Nemico acerrimo

della fatica:

nelle sue tasche

più che sovente

spira continua

la bora algente.

Fatto ha la guardia

municipale

Soprintendente

degli animali,

ha fatto il comico

magazziniere

in una scuola

d’arte e mestieri.

Or finalmente

 fa il daziatore

Ma, pur pensate,

che è lavoro!

CONDUTTORE: La vita laurentina cantata da Raffele Di Lucrezia                                                   

Voce 9:

Queste casette che non han pretese

racchiudon tanti cuori generosi

gentili, ospitali ed affettuosi

semplici come rose d’ogni mese

CONDUTTRICE 1: Le strade di San Lorenzello nella poesia di Michele Lavorgna

Voce 10:

Sono per le strade

e per la strada

lungo il greto

del Titerno

sosto.

Scendo nel greto

do passi

su pietre,

la pietra annosa,

instabile

 levigata

 provata dal Titerno.

CONDUTTRICE 2: A San Lorenzello, fu sempre fiorente l’attività artigianale di stovigliai e di maestri ceramisti.Questi, nel Settecento resero celebre il nostro paese. I Festa, i Fraenza, i Di Leone,divennero famosi nel Regno di Napoli, lavorando anche nella Real Fabbrica San Carlo di Caserta, fondata da Carlo Terzo di Borbone.

CONDUTTORE: Nelle nostre botteghe si formò il grande Nicola Giustiniano,che ebbe i natali a San Lorenzello.La tradizione continua, gloriosa, ad opera dei bravi maestri locali.

CONDUTTRICE 1 A San Lorenzello fu anche fiorente, almeno fino ad alcuni decenni fa, l’attività artigianale di: sarti, calzolai, falegnami, fabbroferrai, carresi, canestrai, pipari che impiantarono bottega, specie lungo l’attuale via Roma, già via del Carmine.

CONDUTTRICE 2: Nei periodi primaverili ed estivi i maestri artigiani e i numerosi discepoli lavoravano davanti alle botteghe.

CONDUTTORE: Vogliamo ricordarne qualcuno?

CONDUTTRICE 1: Eccone uno Mastro Liborio: una strana figura di calzolaio-filosofo. Un giorno un maiale infuriato, uscito da uno dei numerosi mandrilli di Vico Panella, infilò il deschetto ( cioè i’ bancaregl’) che era lungo Via Roma, e lo trascinò per un bel pezzo, mentre i “discepoli” si spellavano dalle risate, Mastro Liborio imperturbabile sentenziò:

Voce 4:

Aggia vedè addò và a mett’ puteca stà purcella.

 Tutti—Che bravo!

CONDUTTRICE 2: Purtroppo Liborio non fu sempre così imperturbabile: il 7 agosto, durante la festa di San Donato, irritato perché gettavano bucce di anguria nel suo campicello, rivolgendosi alla statua che, portata a spalle, appariva sulla porta della cappellina, imprecò:

Voce 4:

Embè i’ acchiappasse a San Dunat’ e i’ tagliass’ a cap’

CONDUTTORE: Ma subito ebbe rimorso di coscienza per aver offeso il Santo e la notte andò a gettarsi dal ponte di Sprecamuglièra!

Canto: Fraulina sta malata

CONDUTTORE: Un’altra nota bottega era quella di Mastro Silvestro, un sarto, medico magone, salassatore, allevatore di mignatte.

CONDUTTRICE 1: soleva dare anche consigli medici ricorrendo a cure empiriche.

CONDUTTRICE 2: quando qualcuno si lamentava per un forte mal di denti gli consigliava di fare uno sciacquo con la propria urina;

VOCE 4:

Piscia, biu, e sbubuteia.

CONDUTTRICE 1: Ma come sarto, lasciava a desiderare. Spesso, infatti, sbagliava le misure.

 (Scena dal vero tra il sarto e Solforio)

Solforio— Mast’ Salvé, che cacch’ m’ei fatt! St’ man’ch’ so tropp’ longh’.

Silvestro—Sulfò , ma n’n t’ preoccupà, stongh’ i’ ccà! ( inizia un violento tiraggio delle maniche).

Solforio— Sì Mast’ Salvé, ma m’ si fatt’ nu cuauzon’cu nu fundòn’ che m’arriva nganna!

Silvestro—Ué Sulfò. Ma tu vuò propria sapé a v’r ‘tà?

Solforio— Sin’ cacch’ a uogl’ propria sapé.

Silvestro—Ma t’ l’aggia propria dic’ ?

Solforio— Sin’ cacch, e dic’ e dic’!

Silvestro—Embé, ma i’ che c’ pozz’ fa si ‘pat’t t’ha fatt’ stort?

Solforio— Mio padre era un uomo bellissimo!

Silvestro—E allora n’n si figl’ a pat’t ma si figl’ d’ p…

Canto: Pascaglina a’ c’rratana

CONDUTTORE: . E che dire di un altro celebre personaggio di via Roma : il sarto –barbiere-organista della Congrega, Mastro Giovanni? Poteva capitare, che giunta l’ora delle funzioni in Congrega, lasciava il cliente anche a metà taglio dei capelli, si recava a suonare l’organo e cercava di tranquillizzarlo dicendo:

Voce 4:

N’n t’ preoccupà, torn’ subbt’, legg’t stu glibbr’.

Scena. Giovanni e Cliente

(Il cliente si siede, Giovanni gli mette l’asciugamano, poi gli chiede):

Giovanni— Come i’ uò barba e capigl’ d’ festa o d’ fatica? P’cché, tu l ‘sai, d’ festa costn d’cchiù.

Cliente— E fammigl’ d’ festa!

(Comincia ad insaponarlo e rasarlo)

Cliente— Mast’ Giuà, ma stu rasul’ m’rasta!

Giovanni— Ma come ti permetti ? Questo è un solingen, è a pell’toua che è tosta com’a na cuot’na!

( terminata la rasatura, Giovanni si reca nell’angolo, depone l’urina in vaso, poi torna e lava il viso del cliente il quale fa rimostranze e dice):          

Cliente— Mast’ Giuà, ma che staij facenn! Che cacch’ è st’unguent che m’abbrucia?

Giovanni— N’n t’ preoccupà, chess’è disinfettante, fa bben’ e t’ammorb’disc’ a pell’! 

Canto: Non piangere Esterina

CONDUTTRICE 1: Ci fu un momento della vita Laurentina in cui, specie i commercianti di vino, che lo esportavano con i carretti a Napoli, Pompei e altrove, brigarono con i politici per farsi nominare cavalieri. Ma uno spirito ameno fece circolare questi versi:

Voce 11:

Più che croce,

il vostro affetto onori

la stima vostra io vo’

per fregio mio:

chiamatemi amico

e mi sollazzo

che cavaliere…

e cavalier del c…

CONDUTTRICE 2: non mancò, anche allora, un momento in cui le tasse divennero molto gravose per cui qualcuno, parafrasando il poeta Parzanese, scrisse:

Voce 12:

Quando nacquer le tasse una voce

Mi diceva: la tassa è una croce.

Io piangendo la tassa abbracciai

Che per forza assegnata mi fu

Poi, pagai, pagai, pagai:

tutti pagan la tassa quaggiù

Vidi un tal fra verbali ed uscieri

Sotto il peso di cupi pensieri

Ed al figlio chiamato Silvestro         

Domandai: a che pensa papà?

Mi rispose: egli pensa al sequestro

Che gli toglie quel poco che ha.

CONDUTTORE: In periodo di quaresima giungevano nel paese i Missionari che preparavano il popolo alla Pasqua con prediche, penitenze, processioni durante le quali tante ragazze si coronavano di spine e pensavano di entrare in convento. Insomma era un evento straordinario, un momento mistico per il paese. La sera, in una chiesa gremita, i Padri si disciplinavano, cioè si battevano a sangue.

CONDUTTRICE 1: In una di queste sere i missionari invitavano coloro che erano in discordia tra loro, a salire sul palco, a due a due, per riconciliarsi ed abbracciarsi. Ma una volta capitò che…

( Scena: Missionario e Pietro Di Leone)

Missionario— Fratelli, pensate che dobbiamo morire e non ne conosciamo il giorno e l’ora, perciò, fate una atto di umiltà, di amore, di perdono. Il Parroco mi ha dato l’elenco di coloro che sono in discordia. Ora io li chiamo, in nome di Gesù, ed essi verranno su questo palco, dinanzi a Dio, si perdoneranno reciprocamente e si abbracceranno. Pietro Di Leone, vieni ti vuole Gesù!

Pietro (distratto e con la pipa in mano… un vicino lo invita all’attenzione…scena libera, poi di nuovo il missionario)

Missionario—Pietro Di Leone, vieni ti vuole Gesù!

Pietro—E che cazz’ uò!

CONDUTTRICE 2: Poi i missionari partivano e tutto ritornava come prima e i giovani cantavano

Voce 13:

Allèr’ allèr’ amant’

S’ n’ vann’ i Missiunant

S’ n’ vann’ a l’alba e n’ora

E nuia, senza fa rumor’

Turnam’ a fa gl’iamor’.

Canto: atturn a stu cuasin

CONDUTTRICE 1: Il periodo che seguì la Prima Guerra Mondiale fu contrassegnato a San Lorenzello da povertà, ma anche da         tanta capacità di sapersi contentare e gustare saporosamente quel poco che si aveva.

CONDUTTRICE 2: Si trascorrevano, perciò, serate meravigliose nelle ampie cucine delle case di campagna, misteriosamente illuminate da ceri, lumi a petrolio, e soprattutto da ceppi ardenti.

CONDUTTORE: Organetti, chitarre, trilli di mandolini, cori di voci rese più calde dal vino genuino che innaffiava porzioni di carne di maiale squarciato di fresco e ammannite con piccanti peperoni, cui faceva seguito a’ spasa d’ castagn’, ‘a vruulàra, struffoli al pepe e frutta secca.

CONDUTTRICE 1: Non mancavano i brindisi, le macchiette, le battute a doppio senso e altro .

Canto: I cuarr’ senza rot’

CONDUTTRICE 2: La notte di San Silvestro veniva eseguita cantata ‘A Maidunata da gruppi di sonatori di chitarra, mandolino, strumenti a percussione, che peregrinavano fino al mattino attraverso i casolari, ricevendo in cambio l’ ‘nfert’, ossia i doni, per lo più struffoli, leccornie natalizie, frutta secca, salami, formaggi ed altro che però venivano ritirati il giorno dopo.

Canto: ‘A maidunàta

CONDUTTORE: La serenata, invece, era il canto, in lingua italiana eseguito la sera precedente della festa onomastica, davanti alla casa del festeggiato che fingeva di non saper nulla e di non aspettare nessuno:

Canto: Tutti Uniti

CONDUTTORE: Non mancavano gruppi di giovani che, eccitati dal buon vino eseguivano canti più osè.

Canto: Vorrei una cameriera

CONDUTTORE: A mamma d’ luciella è una canzone piuttosto diffusa in Italia ma c’è una versione tipicamente laurentina

Canto: a mamma d’ luciella

CONDUTTRICE 1: Di virtù mimetiche i Laurentini non hanno mai difettato. Ma in questo periodo maestri impareggiabili della macchietta dialogata o cantata furono i coniugi Donato Masotta e Raffaella Cofrancesco.

Canto: Iat’ a’ diaul’ femm’n fé

CONDUTTRICE 2: Una simpatica canzone: Angioletta, fu immortalata dall’indimenticabile Lorenzo Porto

Canto: Angioletta

CONDUTTRICE 1: Un’altra indimenticabile figura . Ernesto Di Lucrezia rese celebre la canzone  Dodici cose

Canto: Dodici cose

CONDUTTRICE 2: Raffaele Di Lucrezia: fu autore di belle poesie e della canzone:

 Serenata perduta